Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Cassazione, nel dirimere la questione sottoposta alla sua attenzione, richiama i principi consolidati di responsabilità del difensore per condotte inadempienti. Nello specifico, ribadisce che non è possibile affermare la responsabilità dell’avvocato per il solo fatto del non corretto adempimento dell’attività professionale, in quanto occorre verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del difensore, se un danno vi sia stato effettivamente ed infine se, ove l’avvocato avesse tenuto il comportamento preteso, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni; mancando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone. Alla luce del predetto assunto, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di secondo grado in cui si afferma che la mancata produzione in giudizio dei documenti fiscali e contabili da parte dell’avvocato, che pure integra una violazione del dovere di diligenza professionale nell’esecuzione del mandato difensivo, non è sufficiente per condannare il legale al risarcimento del danno in favore del cliente, stante l’assenza di una rigorosa prova del nesso di causalità.
LA RESPONSABILITÀ DELL’AVVOCATO PER INADEMPIMENTO DEL MANDATO SUSSISTE SOLO IN PRESENZA DI UN NESSO DI CAUSALITÀ TRA L’EVENTO PRODUTTIVO DEL PREGIUDIZIO E LA CONDOTTA DEL DIFENSORE(Cass. civ. sez. II, sent. n. 1984 del 02.02.2016)di Sabrina Saba
