Con la sentenza n. 2400/2015 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del rifiuto dell’Ufficiale di Stato Civile di procedere alle pubblicazioni di matrimonio richieste dai ricorrenti, soggetti dello stesso sesso, ribadendo la costante giurisprudenza sia italiana che CEDU in merito, a partire dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010, in base alla quale il processo di costituzionalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso non si fonda sulla violazione del canone antidiscriminatorio dettato dall’inaccessibilità al modello matrimoniale, ma sul riconoscimento di un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia e sulla riconducibilità di tali relazioni nell’alveo delle formazioni sociali dirette allo sviluppo della personalità umana costituzionalmente protette ex artt. 2 e 3 Cost..
Da tale riconoscimento sorge l’esigenza di un trattamento omogeneo di tutte le situazioni che presentano una mancanza di tutela dei diritti dei componenti l’unione, derivante dall’assenza di uno statuto protettivo delle relazioni diverse da quelle matrimoniali nel nostro ordinamento, ma non necessariamente mediante l’opzione del matrimonio, atteso altresì che sia l’art. 12 CEDU che l’art. 9 della Carta di Nizza non escludono da parte degli Stati membri la discrezionale possibilità di estendere il modello matrimoniale a persone dello stesso sesso, ma senza alcun obbligo al riguardo.