«Il risarcimento del danno (patrimoniale e non) patito jure proprio dai congiunti di persona deceduta per colpa altrui, deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa ascrivibile alla stessa vittima». Questo il principio di diritto ribadito dalla III sezione civile della S.C. in accoglimento del ricorso di una compagnia assicurativa, con rinvio alla Corte d’appello competente. Più nello specifico, il Giudice di legittimità, in tema di nesso di causalità «tanto quello cosiddetto materiale tra condotta ed evento (art. 40 c.p.); quanto quello cosiddetto giuridico tra evento e conseguenze (art. 1223 c.c.)», ha confermato che «la mancanza del nesso di causa esclude la responsabilità dell’agente e rende superfluo l’accertamento di una sua eventuale condotta colposa. Il nesso di causa tra condotta colposa e danno è escluso dal caso fortuito, tradizionalmente identificato nelle tre categorie della forza maggiore, del fatto del terzo e del fatto della stessa vittima», giungendo quindi ad evidenziare che tale ultima ipotesi, disciplinata dall’art. 1227, comma I, c.c., è applicabile anche qualora la vittima abbia colposamente concausato la propria morte.