La Suprema Corte è stata chiamata a decidere in ordine al ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo che, confermando la sentenza di primo grado, aveva rigettato la richiesta di risarcimento danni avanzata contro un avvocato dalla propria cliente, per violazione dei doveri professionali, consistente nel consiglio del professionista alla propria cliente di proporre domanda di divorzio (per mancata consumazione), rinviando ad un giudizio successivo la proposizione della domanda di un assegno per il proprio mantenimento. La Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha confermato il ragionamento della Corte d’appello che aveva affermato l’opportunità della scelta del professionista di non introdurre temi economici nella richiesta di divorzio per evitare di compromettere, a causa della necessità di accertamenti peritali, la celerità del giudizio, e per consentire di giungere in tempi brevi alla pronuncia definitiva di divorzio – concretante l’interesse principale della propria cliente, proponendo in separato giudizio la domanda relativa all’assegno.
NON PUNIBILE L’AVVOCATO CHE CONSIGLIA AL CLIENTE DI NON AVANZARE PRETESE ECONOMICHE CONTESTUALMENTE ALLA DOMANDA DI DIVORZIO ALLORCHE’ LA NECESSITA’ DI ACCERTAMENTI PERITALI RISULTI OSTATIVA AD UNA IMMEDIATA PRONUNCIA SULL’ “AN”(Cass. civ., sez. I, sent. del 10.12.2014)di Marzia Nieddu
